Ogni volta che termina una convivenza non posso non ringraziare Dio per il miracolo che è successo. Un miracolo che si rinnova sempre puntualmente, oserei dire senza essere blasfemo, come il sangue di san Gennaro. E ogni volta che termina una convivenza non posso che mettere un tassello in più all’enorme puzzle che Dio mi ha concesso di contemplare in questi anni. Ma pur mettendo tasselli su tasselli devo onestamente ammettere che il Punto Giovane rimane a me stesso un mistero. E come ogni mistero è semplicemente da contemplare, perchè ogni tentativo di riduzione o peggio di impossessamento lo fa allontanare. Nel presepe napoletano e anche in quello della mia parrocchia c’è una statuina speciale che si pone a distanza dalla scena madre e attraverso quella statua va letto tutto il presepe: è lo sguardo del pastore meravigliato: oh stupefatto! Niente è più bello di ciò che semplicemente si contempla. Ho imparato questo cari ragazzi: il rapporto con Dio, con gli altri, con ciò che di bello ci capita nella vita va guardato attraverso la meraviglia. Solo così si impara il rispetto, la libertà, la purezza, la signorilità. E questi sono valori grandi. Ai miei tempi c’erano due fuoriclasse che si contendevano il pubblico calcistico: Platinì e Maradona. A quei tempi ero un ragazzo e data la mia innata allergia alla Juve, certamente tifavo per Maradona più acclettico, più birbante, più ribelle. Poi ho dovuto convincermi che Platinì era invece un signore. E alla lunga ho visto la fine che hanno fatto i due. La signorilità alla lunga vince. Quindi direi che il PG va guardato così con meraviglia e stupore solo così impareremo a rispettarlo e a renderlo libero. Ma un altro sentimento con cui lo guardo è certamente la passione. Quando andavo allo stadio, anche se oggi non sembrerebbe, stavo con gli ultras. E mi dicevo: “come si fa a vedere una partita dalla tribuna” e chiamavo quelli della tribuna sportivi e quelli della curva tifosi. Per me chi stava nello stadio doveva essere per forza un tifoso. Anche se sono un timido, sono fondamentalmente un passionale. Mi appassiono. La passione mi crea slanci, idee, creatività. Ma a volte la passione entra in contrasto con la contemplazione di cui dicevo sopra. Per cui occorre un esercizio continuo che passa attraverso sbandate e batoste che plasmano e correggono. Ma non ci pùò essere ferita che blocchi la passione. Un uomo senza passione è una macchina senza benzina. Quindi con meraviglia e con passione guardo il PG. E quando guardo il PG in relatà chi guardo? I primi che guardo sono senza dubbio gli educatori. A loro va il mio grande grazie. I loro idelai, la loro passione, i loro slanci fanno da specchio ai miei e mi coinvolgono in una paternità e maternità comune. Il loro sì è una conferma al mio, la loro fedeltà è un pungiglione alla mia pigrizia. Io devo agli educatori il mio cammino di prete nei miei primi anni di ministero. E devo a loro il crederci al PG. Quando sono entrato per la prima volta in questa struttura l’ho fatto furtivamente: ho scavalcato quel cancello d’ ingresso. Un atto un pò ardito, quasi illegale direi. Ma ho voluto toccare questa terra per dire il mio sì. E cominciata lì l’avventura comunitaria. E sì lì ho scoperto che il PG funziona in maniera comunitaria, non occorre un solo sì, ma molti e radicali. Non un sì alla settimana, ma un sì di anni a volte, giorno dopo giorno. Come qui non fermarsi a dei volti precisi, come non fermarsi a dei nome precisi: Francesca, Maru, Simo, Cristian. Il vostro sì è stato il sì del Punto Giovane. Direbbe Renato Zero “i migliori anni della vostra vita”. Sì quelli avete dedicato al PG cone grande passione e con grande testimonianza di fede. Il vostro rimane e continuerà ad essere il tassello più prezioso nel puzzle del PG. Assieme a voi tutti gli educatori sento nel mio cuore: dagli ultimi arrivati ai primi, da Pedro e Francesco che durante questi anni hanno meditato e realizzato un sì ad una consacrazione speciale, a coloro che ci hanno dato il gusto del matrimonio e lo strepitio dei bambini. Quando guardo al PG guardo poi ai ragazzi. Sono i nostri figli. Io li sento così. Qui al PG sono loro il cuore pulsante, sono loro la freschezza, il lievito, l’allegria. Qui al PG i ragazzi sono bellissimi. Sono belli quando si sentono spaesati nel loro ingresso alla domenica sera, sono belli quando al giovedì non vogliono più uscire. I ragazzi si sentono travolti da un sì grande che li supera, da un un sì comunitario, dal sì che i loro educatori hanno già detto a se stessi e a Dio. I ragazzi qui stanno bene perchè sentono di essere amati e rispettati, educati e valorizzati. Ciascuno è guardato personalmente, i loro nomi, i loro volti ci interessano. Ragazzi ed educatori entrano nel puzzle del mistero e si sentono al loro posto. Qui non c’è l’adulto che li ingabbia, non c’è l’adulto che li adula, c’è semplicemente un adulto che condivide. Non c’è un far fare qualcosa, c’è un fare assieme. Grazie allora agli educatori e grazie ai ragazzi. E un grazie alle famiglie che si fidano e ci consegnano ciò che di più bello hanno. Credo che quei giorni siano educativi anche per voi cari genitori: il distacco operato per il bene di un figlio è sempre vincente per la nostra maturazione umana e di fede. Ma il grazie più grande va a Dio. Grazie Dio perchè parafrasando Alberto Marvelli “se non ti amassi imparerei ad amarti guardando il PG”.