“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé. Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi”. Interessante questa introduzione di Luca alla parabola di Gesù. Direi che in modo classico possiamo interpretarla come un chiedere sempre, quindi senza stancarsi di chiedere. Ma potrebbe anche essere un chiedere che non stanca, cioè un pregare che non ci stanca. Nella nostra vita la preghiera spesso è un peso, una tassa da pagare o un oasi straoridnaria oppure l’ultimo appello per chiedere una grazia. Difficilmente viene vista come una dimensione di pace che percorre l’intera nostra giornata, che investe la nostra quotidianità. Perchè sia così allora non deve stancare. Anzi! Gesù ci chiede una preghiera così. Senza andsie da prestazione, senza logiche di contraccambio, senza illusioni di temporanea felicità. La preghiera è il respiro dello Spirito Santo, diceva un monaco russo Teofane il recluso. Quindi se vivo nello Spirito, cioè vivo in graza di Dio respiro bene, mentre se sono lontano da Gesù il mio respiro è affannoso, stanco, disturbato dalla tosse del peccato. Come è difficile riconoscere la preghiera nella nostra vita, alle volte non ce ne accorgiamo ma essa è evidente in noi. Alle volte crediamo di non saper pregare, e ci disperiamo per questo, eppure tutto in noi è preghiera, anche la nostra disperazione nel non riuscire a pregare, perché è già questo un atto d’amore verso il Padre, è già il desiderio di essere vicino a Lui. E cos’è la preghiera se non essere cullati da Dio. Per quel che ne so, o che credo di sapere, la preghiera è un atto d’amore, è mossa da un atto d’amore. Gesù è una preghiera vivente, perché ogni suo gesto o parola sono mossi dall’amore. Ogni volta che so ascoltare, che so accogliere e che so donare quel poco che sono, perché vedo in me e nell’altro il volto di Cristo, ecco che sono in preghiera. Non mi va di ridurre la preghiera all’idea di una richiesta continua, insistente, petulante…è proprio brutto vederla solo così. La vedova diventa petulante. Non mi piace l’idea di essere petulante davanti al mio Signore. Non mi va neppure che Lui mi esaudisca perché non ne può più di me. Però è anche vero che si dice “chiedete e vi sarà dato” Ed allora cosa significa questo vangelo? Chi è questo giudice disonesto e questa vedova insistente? Cosa mi vuole dire questa parabola? Può essere che Dio si pieghi al mio volere perché divento stancante? Guardo allora le cose da un altro punto di vista e mi accorgo che è tutto rovesciato. Il giudice è disonesto ma Dio è onesto, e se può un giudice disonesto davanti all’insistenza esaudire la vedova, tanto più lo farà Dio che è onesto ed ama i suoi figli. Ecco che verrai esaudito prontamente, se la tua richiesta sarà mossa dalla fede. Ma questo prontamente sarà in ragione dei tempi che il Signore ha stabilito per te, quindi non disperare, perché la tua preghiera non sarà vana. Sere.