Lettera di Alberto Marvelli ad un giovane
Caro Marco,
stai male, molto male. Fino a qualche mese fa tutto filava liscio. Ti ho visto crescere di corsa, fin da ragazzo, come un treno che infila una stazione dopo l’altra. O come una macchina da formula 1, lanciata a tutta birra, fino a raggiungere traguardi sempre più esaltanti. Sarà per questo, sarà per quei tuoi capelli rossicci, ti hanno soprannominato – “testa rossa” – un nomignolo un po’ buffo ma che, sotto sotto, ti fa – anzi ti faceva – gonfiare il petto di almeno un paio di litri d’aria in più.
“Ti faceva”: perché poi c’ è stata la drammatica scomparsa del tuo amico più caro, il carissimo Matteo. Ma come è potuto succedere? La curva dove è avvenuto l’incidente non è particolarmente rischiosa. E lui, anche se amava il brivido dell’alta velocità, non è mai stato uno spericolato. Sta di fatto che è andato fuori strada, e tu non lo hai più visto. Quando ti sei precipitato al Pronto Soccorso, lo avevano già chiuso nell’obitorio. Poi c’è stato il funerale che più straziante non si può, ma da quel giorno tu non ti riconosci più. La tua allegria frizzantina è svaporata tutta in una volta, e anche gli amici ti ritrovano sempre più triste e ripiegato.
Ti sono esplose dentro tante domande, e tutte graffianti: perché morire a vent’anni? perché studiare? per laurearsi, e poi? intraprendere una carriera brillante, e poi? guadagnare, viaggiare, divertirsi, e poi? Insomma ti ritrovi in una condizione che sembra spegnere ogni voglia di vivere, ogni voglia di camminare e di lottare. Già, vivere, lottare, camminare: ma che senso ha la vita, la morte, l’amore, il dolore?
Sono domande che mi sono posto anch’io, quando avevo più o meno la tua età. Nel mio Diario, ho parlato di una “terribile prova”. Ti capisco, e proprio per questo vorrei dirti: non aver paura di metterti in ricerca. Personalmente ho sempre pensato che l’assenza di domande è più pericolosa delle risposte sbagliate. Oggi ci si adagia facilmente nell’indifferenza, senza interrogarsi sul senso della vita. O ci si interroga, ma non si crede di poterlo trovare da qualche parte. Come ancora continua a gridare quel cantautore famoso: “Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha”. Siamo forse condannati a sbattere da una parete all’altra di un tunnel asfissiante, tra un bisogno disperato di senso e l’angoscia disperante di sapere già in partenza che non c’è nessun senso, o anche se c’è, non si riesce mai a trovarlo?
Tu sai bene che il cuore dell’uomo è un grande punto interrogativo, che può essere cancellato con le varie droghe: quelle naturali, quelle sintetiche, quelle psichiche: l’attivismo frenetico, la carriera, il danaro, il divertimento…
Ascoltami: la prima cosa da fare è prendere di petto il “domandone”: come spendere la vita, perché sia piena? Nel momento in cui si cerca felicità, amore, pace, giustizia, si domanda senso pieno per la propria vita. Privi della luce di questo orizzonte, sperimentiamo il buio, il vuoto, la noia più ammorbante, l’angoscia più nera e spaventosa. E allora? Diceva una donna che è vissuta più o meno nei miei anni, una grande cristiana che è finita nella camera a gas di un campo di concentramento, santa Edith Stein: “Più si fa buio intorno a te, più devi aprirti alla Luce che viene dall’alto”.
Sì, non aver paura di lasciarti incontrare da Gesù. Lui ti illumina e ti attira, perché lo vedi sincero fino a pagare il prezzo più alto per la verità che annuncia. Lo vedi umile e coraggioso, totalmente disinteressato, niente affatto ripiegato in un amaro vittimismo. Lo trovi sempre esigente ma mai fiscale, forte e mite, sempre grande nel donarsi, radicale nell’amarci fino alla follia, la follia della croce. Nessun fondatore di grandi religioni – né Budda, né Confucio, né Maometto – è morto in croce per te, per me, per tutti. Eppure Gesù ti si presenta con una pretesa che nessuno di loro ha avuto: non è un profeta che parla in nome di Dio, non si comporta come un saggio maestro che chiede l’adesione ad un alto e nobile ideale. Gesù chiede di aderire alla sua persona, perché sa di essere il Figlio di Dio venuto in mezzo a noi per rivelarci l’amore sconfinato di un Dio che ci è Padre e per dirci che la via della felicità si imbocca all’incrocio tra le vie della verità, dell’amore e della libertà.
Tu hai sete di assoluto, di infinito, di eterno. Hai sete di Dio, e solo Dio può spegnere la sete di Dio. “Il tuo volto, Signore, io cerco; non nascondermi il tuo volto”: è un salmo dell’antico Israele, ma ognuno di noi può sottoscrivere questa ardente preghiera. Gesù è il volto umano di Dio: incontrare Gesù è incontrare Dio.
Ma è anche ritrovare te stesso. L’incontro con Cristo non censura i tuoi sogni più veri, non deprime i tuoi slanci più arditi, non restringe gli orizzonti più vasti abbracciati dal tuo cuore, ma li dilata all’infinito. Gesù è anche il volto divino dell’uomo: tutto ciò che tu brami di bello, di vero, di buono, lui lo eleva all’ennesima potenza. Papa Benedetto non si stanca di ripetere: “Cristo non toglie nulla e dà tutto”. Nel mio Diario, ho scritto: “Credo a Cristo perché Cristo è la mia vita”
Ma concretamente – mi dirai – cosa devo fare?
Prima di risponderti, ti domando se credi in Gesù, il Figlio di Dio. Se ci credi veramente. Fa’ tua la professione di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Tu solo hai parole di vita eterna”. Ripetila ancora. Ripetila spesso. Prega perché questa professione di fede scaturisca dal tuo cuore, come espressione del tuo io più profondo e più intimo.
Poi chiedi a Gesù di ammetterti alla sua scuola: cerca di assimilare i criteri delle sue scelte, lasciati contagiare dal suo stile di vita, dai suoi gusti e dalle sue preferenze. Se accetti Cristo, devi accettare gli ideali da Lui vissuti, prima che predicati.
Coltiva il dialogo con Lui; ascolta la sua Parola; va’ a ricevere spesso il suo perdono nel sacramento della riconciliazione e il suo pane di vita nella santa eucaristia.
Trovati un prete amico, che ti ascolti e ti aiuti a crescere nell’amicizia con il Signore. Mettiti in contatto con una comunità cristiana o con un gruppo – per me fu l’Azione Cattolica – dove puoi condividere i grandi orizzonti di un cammino di fede: la ricerca e la sequela del Signore, lo scambio di esperienze di vita, la gioia di poter mettere a disposizione di tutti la passione per una vita nuova, il cammino verso un pieno e definitivo compimento.
Ti dico queste cose perché io ne ho sperimentato personalmente il grande valore. Ecco cosa scrivevo a 23 anni, quando trovai finalmente il padre spirituale che da tempo desideravo: “Era ora che la mia vita spirituale trovasse un sostegno e un appoggio sicuro nel cuore paterno di un sacerdote. Signore, ti ringrazio”.
Infine ti devo raccomandare di preoccuparti dei poveri: io non mi limitavo ad aiutarli, ma mi impegnavo sempre ad accoglierli.
Caro Marco, in un mio quaderno spirituale ho lasciato scritto: “Voglio che la mia vita sia un continuo atto d’amore”.
E’ quello che auguro anche a te. E troverai pace e sprizzerai felicità da tutti i pori.
Ti seguo con molta preghiera e ti abbraccio di cuore
Alberto
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