Mc 6,14-29: “Quel Giovanni, che io ho fatto decapitare, è risorto!”
Un vangelo un po’ strano, oltre che del tutto singolare: è l’unica volta in Marco in cui il protagonista non è Gesù, almeno direttamente. Il brano, infatti, ruota attorno al “chi sia Gesù per la gente”, e tale domanda la farà Egli stesso fra un paio di capitoli (8,27ss) ai Dodici, domanda a cui Pietro risponderà “Tu sei il Cristo”. Ma tale risposta è preceduta, anche al capitolo 8, dall’opinione della gente, per la quale Gesù è “il Battista, Elia o uno dei profeti”.
Dal punto di vista della tecnica narrativa notiamo prima di tutto come Mc anticipi i moderni registi cinematografici, usando il flashback (i vv. 14-16 sono quelli che fanno scaturire il racconto, al passato, dei vv. 17-29) e, in qualche modo, il flashforward (anticipando la domanda “La gente, chi dice che io sia?” del cap. 8,27).
Ma torniamo a noi. Per Erode Antipa il Battista (letteralmente “l’immergitore”) è “quel” Giovanni che lui stesso ha fatto decapitare, e che dunque è risorto. E’ quel Giovanni che, pur perplesso, ascoltava volentieri, magari facendogli domande, alle cui risposte poteva essere d’accordo o meno; in ogni caso una figura che, come si dice, lo metteva in discussione.
Il racconto della morte del Precursore evidenzia poi diversi modi in cui gli altri possono condizionarci:
– la figlia di Erodìade chiede alla madre di supplire a un suo desiderio; lei non sa cosa chiedere e quindi domanda all’adulto di desiderare per lei;
– la richiesta della stessa Erodìade è frutto dell’odio per Giovanni, il quale denunciava senza peli sulla lingua la situazione “affettiva” irregolare di lei;
– Erode è condizionato doppiamente: sia dai commensali al mega banchetto, di fronte ai quali vuol fare un figurone, sia dal giuramento ormai fatto;
Insomma, quanto peso diamo agli altri, e al loro giudizio su di noi! Quanta poca libertà nei confronti degli altri e anche, e forse ancor di più, nei confronti di noi stessi. Per non parlare della poca libertà di fronte a Dio. E’ proprio difficile essere liberi, DI: maturare, fare scelte, anche di sbagliare. Ma anche liberi DA: chi ci vuole bene, coloro ai quali vogliamo bene, dal loro giudizio su di noi, ma soprattutto dall’immagine di un Dio che in realtà – pensiamo – non voglia davvero il nostro bene..
Liberi, certo, ma perché? Liberi PER: donarci, fare il bene, ma, soprattutto, per essere ciò che siamo già, da sempre. Niente più.
Magro