“In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni. Costituì dunque i dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.” Marco descrive Gesù con gesti semplici ed essenziali ma efficaci, nel suo raccontare Gesù non ci sono troppi orpelli o ricami e anche questo ci parla di Gesù, perché Lui è diretto e chiaro. Per esempio ci dice che “Salì poi sul monte”, non ci racconta della fatica che avranno provato senza capirne il motivo, magari i discepoli avranno pensato che poteva parlare loro anche in una stanza, in un luogo riservato; ma il monte è il luogo privilegiato dove Dio ci parla, dove magari, dopo una fatica, Dio entra in intimità con l’uomo, con noi, dove abbassiamo le difese e ci permettiamo di ascoltarlo, dove Dio dichiara all’uomo la Sua alleanza con Lui. Sicuramente per quegli uomini semplici o perspicaci, analfabeti o istruiti, non fu facile capirlo come non lo è oggi per noi. “Chiamò a se quelli che egli volle”. Dio ci ricorda che siamo a nostro modo unici e speciali, non ci chiama sul monte a stare con Lui per i nostri meriti o capacità, ma perché Lui ci vuole. Allo stesso modo non ci chiama indistintamente, come una massa indistinguibile, ma ci chiama per nome uno per uno, per donarci una dignità e al tempo stesso una responsabilità tutta speciale, tutta nostra, ma Gesù fa molto di più, cambia il nome di Simone in Pietro, perché è Lui che ci conosce più di chiunque, più di noi stessi. Cambiare il nome a Pietro significa riconoscerlo profondamente e cambiare il suo destino, la sua vocazione, il suo essere profondo.